Friday, December 11, 2015

L'intruso

Vorrei un giorno svegliarmi con in testa una di quelle genialate che vengono solo agli americani.  Sarà la loro elasticità mentale, la capacità imprenditoriale o semplicemente l'astuzia che molti hanno ma continuamente mi sorprendo per alcune idee che solo loro riescono a trasformare in galline dalle uova d'oro.
Soprattutto in questo periodo dell'anno emerge questa capacità tutta americana.
Nel 2004 una signora e la figlia si siedono a tavolino e inventano la storia di un elfo aiutante di Babbo Natale, con lo scopo di creare una nuova tradizione natalizia. . Con l'aiuto dell'altra figlia, a quanto pare esperta di marketing, intraprendono un percorso di promozione di questa loro iniziativa. Fanno ovviamente il botto. Vendono il libro con in allegato un elfo in stoffa, non troppo bello o ben fatto e con lo sguardo da bamboline dei film del terrore.
Pic da shop.elfontheshelf.com

Per capirsi il libro, tutto in rima, narra dell'arrivo di questo elfo nella casa di tutti i bambini. Suggerisce al bambino che lo legge di scegliere un nome per lui e gli spiega come funziona. Cioè che vivrà con lui tutto il mese di Dicembre o un pochino di più perchè a volte si presentano nelle case il giorno dopo il Thanksgiving.
Durante il giorno se ne sta seduto da qualche parte della casa e osserva il comportamento del bambino per viaggiare poi di notte al Polo Nord e raccontare il tutto a Babbo Natale. Prima che il bambino si svegli sarà tornato a casa ma si posizionerà diversamente rispetto al giorno prima. Quindi appena svegli i bambini devono andare a cercarlo. C'è però una piccola regola da rispettare perché la magia di questo piccolo osservatore non svanisca. Non va mai toccato, deve essere lasciato nella posizione in cui il bambino lo trova la mattino. Così fino alla notte della Vigilia, notte in cui l'amico spione se ne torna al Polo Nord fino al Natale successivo.
Tutto questo richiede ovviamente la volontà e la voglia dei genitori di spostare ogni notte il benedetto intruso e trovargli una nuova posizione. Logicamente googolando un pò si trovano svariati suggerimenti su dove farlo trovare. "The elf on the shelf" letteralmente significa "l'elfo sulla mensola". Ecco, lo si trova ovunque fuorchè su una mensola. Nelle case di gente con figli l'ho visto attaccato ai lampadari, nel bagno, sui pensili della cucina, dentro le confezioni di cibo, nelle scarpe... insomma basta fare una veloce ricerca su intenet per trovare l'ispirazione.
Questo piccoletto nasce come deterrente al cattivo comportamento dei bambini. Dovrebbe quindi servire a farli stare buoni almeno un mese l'anno. Ripeto, a me fa solo impressione. Quegli occhietti fissi e quel sorriso assassino. Fossi un bambino preferirei ricevere il niente da Santa pur di non avere questo che mi guarda in quel modo.
"Ai miei tempi" mi dicevano che Babbo Natale mi vedeva e io non mi ponevo nemmeno il dubbio di come facesse. Credevo fosse la stella più luminosa che vedevo in cielo durante il mese di Dicembre.
Ho letto che molte sono le critiche a questo stratagemma in voga nell'ultimo decennio e concordo con chi dice che si tratta semplicemente di "una mossa di marketing travestita da nuova tradizione natalizia".
Infatti oltre al libro classico con il pupazzo si trovano ovunque i dvd, l'applicazione per lo smart phone così come accessori e abbigliamento che costano un occhio della testa.
Tralasciando l'aspetto educativo e la furbata che questa trovata rappresenta, mi fanno ridere le immagini online di molti genitori che perdono il lume della ragione nel riposizionare ogni notte l'elfo da qualche parte della casa. Così come il sarcasmo e i mille dibattiti divertenti che questo suscita.
Il migliore secondo me viene dalla rubrica "pros and cons" nello show di Jimmy Fallom, cioè i pro e i contro di avere in casa questo spione.
Guardatevelo, scusate ma è solo in Inglese! A seguire un link che vi suggerisce 100 idee nel caso vi venisse la voglia di investire più di trenta dollari nell'emissario di Babbo Natale.



Saturday, December 5, 2015

A B C e un pò della D

La prima volta che ho incontrato il medico di famiglia qui mi ha fatto diecimila domande. Una di queste è stata: " assumi quotidianamente vitamine?". Ho ingenuamente risposto no, perchè nemmeno sapevo di cosa stesse parlando. Quali vitamine? Per quale motivo? Ne sono carente? Chi lo ha detto? Ma più che altro cosa vuoi da me? Io sto bene così. In quel momento mi viene in  mente la mia esperienza con le vitamine durante la mia infanzia. Ricordo di averle prese dopo aver passato inverni perennemente ammalata. Pesavo così poco che bastava una ventata per portarmi via. Ero mingherlina, estremamente cagionevole, e i miei genitori pensavano che la pappa reale e qualche altro intruglio, che solo pensarlo mi fa venire i conati di vomito, potessero funzionare.
Alla mia faccia perplessa e anche un pò stizzita la dottoressa ha iniziato a farmi un lungo elenco di motivazioni per le quali dovrei assumere vitamine ogni giorno. Finché è andata a colpirmi nel punto dolente. Diciamo un paio di punti. Il fatto che sono ultre trentenne, ormai prossima ai quaranta, e di conseguenza, in età da figli. Ufficialmente la scadenza si sta sempre più avvicinando. Non serviva certo lei che me lo ricordasse così.
Mi ha spiegato quanto sia importante per una donna "di una certa età" avere tutte le vitamine al posto giusto, immancabili e presenti per preparasi ad una eventuale gravidanza. La vitamina principale è l'acido folico, ma questo lo sapevo già. Lascio l'ambulatorio alla fine della visita con un pò di confusione nella testa. Sono polemica di natura e mi chiedo come faccia lei a sapere se sono carente di certe vitamine o meno. Mi ha fatto un prelievo?. Sa lei come mangio io tutti i giorni a casa mia? L'ha capito che sono italiana?! No, e allora?!. Va beh, decido di darle ascolto e ritiro il multivitaminico che mi ha prescritto.
Passano pochi giorni e ci rinuncio perchè il ferro contenuto in queste mi appesantisce lo stomaco, è davvero fastidioso. La chiamo e lei mi suggerisce di cercare prodotti da banco che non contengano il ferro. Quindi vado in spedizione e mi si apre un mondo sconosciuto. Un mondo spaventoso a mio avviso, non ne so molto e continuo a domandarmi perché perdo tempo così.
In farmacia si trovano interi corridoi dedicati solo ed esclusivamente a centinaia di vitamine. messe in bella mostra, ben in vista in ordine alfabetico, con etichette accattivanti, in capsule morbide , colorate o addirittura di consistenza gelatinosa come fossero caramelle alla frutta. Effettivamente incuriosiscono. Altra coferma della bravura degli americani nel marketing.
Ci son per tutti i gusti e per tutte le esigenze. Per l'inverno, quindi a base di vitamina C, quelli specifiche per le donne in allattamento o quelle che stanno programmando una gravidanza. Quelle solo per gli uomini sotto i cinquant'anni e per quelli over perché poi inizia la vecchiaia e quindi serve altro. Mix di vitamine per i capelli fragili, per le unghie e per la pelle. Per le ossa, per gli occhi e per i "ciucchi". Mi fanno tanto ridere le note sulle etichette di questi prodotti. Cioè dopo aver dettagliatamente descritto i valori nutrizionali che questi dovrebbero apportare, le percentuali del bisogno quotidiane che queste soddisfano, c'è sempre una piccola nota che ci ricorda che qualunque cosa appena letta sopra non è stata valutata dalla Food and Drug Administration  (quindi secondo me perde di credito) e che il tale prodotto non ha lo scopo di prevenire, curare o trattare alcun tipo di malattia o sintomo. Ovvio che non ci aspettiamo l'immortalità da una caramella ma allora che me ne faccio?


Non possono ovviamente mancare quelle dedicate ai bambini. Hanno un aspetto veramente accattivante visto che si presentano sotto forma di caramelle gommose firmate Flintstones, da assumere al mattino magari dopo una bella e grassa colazione americana. Ma che importa se una bambina di tre anni alle otto del mattino si spara un bel piatto di uova strapazzate con pane unto di burro e ketchup. L'importante per la sua crescita è che al mattino prenda queste benedette vitamine. Quando vedo i genitori invitare i figli ad assumere questa roba percepisco un velato senso di colpa che devono velocemente nascondere sotto il tappeto. Forse consapevoli che i loro figli vengono nutriti a base di schifezze si sentono meglio a dargli le vitamine credendo che queste compensino la loro alimentazione poco sana.
Inoltre, nel migliore stile americano vengono vendute in confezioni mega galattiche da almeno centoventi compresse.
Devo ammettere che anche io sono diventata consumatrice di acido folico, nel caso il miracolo avvenisse!
Ho anche provato un paio di multivitaminici e boh non credo di aver rinforzato niente. Ho deciso cosi' di smettere.
Frequentando amici e parenti americani ho realizzato quanto sia radicata la credenza che affidarsi alle vitamine faccia bene, quanto queste facciano parte della loro vita. Nelle loro case trovano talvolta un posto di rilievo nei ripiani delle cucine o sui tavoli, pronte all'uso al mattino insieme a mezzo litro di caffe'. Le vedo ovunque, un incubo!. Mi scatta il crudele confronto invece con la nostra cucina o il nostro tavolo dove c'è sempre un bel cesto di frutta fresca.
Parlando con Silvia, che è medico e vive qui, ho capito che questi supplementi alimentari  talvolta hanno poche sostanze nutritive e minerali necessari o addirittura ne contengono troppe. E questo non fa altro che alimentare i miei dubbi: ma perché li devo prendere se non so esattamente se ne ho bisogno o meno?. Perché la gente li assume così, con la convinzione di fare bene senza una vera supervisione medica?.  Facendoci due risate su questa fissazione tutta americana, io e Silvia siamo arrivate a concordare sul fatto che forse milioni di americani dovrebbero semplicemente rivedere le loro abitudini alimentari. Essere sicuri che sulle loro tavole non manchino, ogni giorno, le autentiche vitamine e i sani nutrienti che il "cibo vero" ci offre.
Potrebbero iniziare almeno a provare. Sì è vero, mica tutti sono così sprovveduti e ignoranti. Molti già lo fanno ma capisco che di strada ce n'è ancora molta da fare quando parlo con un americano doc e questo mi dice che sta seguendo una dieta priva di carboidrati, ma ricca di tutto il resto. Biberoni di super  alcolici compresi.
Io intanto continuo a mangiare nel modo più sano possibile, per il resto vedremo!

A.


Tuesday, November 17, 2015

Rompere la tradizione del tacchino?

Mentre il mondo intero si prepara al Natale, in America sale l'ansia per la famosa cena del Giorno del Ringraziamento. Viene sempre celebrata l'ultimo giovedì del mese di Novembre. Perche' gli americani fanno cosi, cioè festeggiano la maggior parte delle più importanti ricorrenze il lunedì' o il venerdì. Per esempio il Labour Day, il corrispettivo del nostro Primo Maggio, cade sempre il primo lunedì del mese di Settembre. Eh, mica sono fessi questi yankees. Hanno trovato la miglior strategia per fare i weekend lunghi!
Questa ricorrenza, come molte altre cose, è per me una di quelle cose che ho sempre e solo visto "nei film". È un'espressione che uso tantissimo, ogni singolo giorno. Di fronte ad una novita' esclamo sempre: "oh, mamma...come nei film!". A volte mi faccio tenerezza, quasi tre anni che sono qui e ancora mille cose da imparare.
Per gli americani segna l'inizio delle festività natalizie, la famiglia si riunisce in grande stile, i figli lontani tornano a casa affrontando viaggi della speranza in auto e ore di volo. La chiamano family reunion, il ritrovarsi tutti insieme a condividere la riconoscenza per quella famiglia della quale fanno parte. Le brave casalinghe tirano fuori la tovaglia bella e il servito con i bordini dorati. Insomma la classica famiglia americana aspetta con ansia questo giorno. 
Nel 2013 lo abbiamo festeggiato a casa nostra ed è stato davvero speciale speciale perché arrivava mia sorella con la sua famiglia, perché era il mio primo Thanksgiving ed ero molto grata alla vita e al pilota che aveva portato qui, sano e salvo, un pezzo della mia famiglia! O meglio un pezzo di cuore.
Lo scorso anno eravamo ospiti di un nostro cugino e quest'anno saremo noi ad ospitare il parentado. Saremo solo in cinque quindi non dovrebbe essere difficile gestire il menù . Presa la decisione di offrire noi ospitalità ho iniziato a sentire la presenza del  tacchinone seguirmi un po' ovunque, alitarmi alle spalle . Quel genio di mio marito ha proposto un'alternativa al tacchino ripieno, cosa che io ho accolto molto volentieri. Semplicemente perché ricordo ancora con "schifore" la volta in cui lui e mia suocera si adoperavano per riempire il pennuto con quasiasi cosa. Io la carne la mangio e mi piace anche molto,  ma l'immagine di questo povero animale nudo, lucido e riempito dal famoso stuffing, cosi senza alcun pudore, non riesco proprio a dimenticarla.
Abbiamo scritto una lista di cose che più ci piacciono, sentito un po' i gusti degli invitati e siamo arrivati a mettere insieme un menù tosco-americano! D'altronde veniamo da due culture diverse e mi sembra giusto che da qualche parte si incontrino, perche' no sulla tavola del Thanksgiving.
Però abbiamo fatto anche un giro online e quando abbiamo cercato alternative al classico menù ci siamo imbattutti in un articolo dal The Huffington Post. L'autore propone dieci alternative, come dice lui "per rompere la tradizione".
Ditemi voi se queste alternative valgono la pena di rompere la tradizione o meno.
1- Rotolini di pasta sfoglia ripieni di tacchino e stuffing, cioè il classico ripieno a base di mirtillo rosso.
2 - Pizza Thanksgiving farcita con tacchino e ripieno e al centro una mini torta di mele. Per l'americano giovane e molto alternativo.
3 - I Tacos di salsa di mirtilli rossi. Per gli amanti del messicano.
4 - Burrito ripieni di tacchino, fagioli, salsa di mirtilli e pane di mais.
5 - Un pasticcio di qualsiasi cosa con gli immancabili mirtilli.
6 - Torta vegetariana fatta da strati di pane di mais, stuffing, salsa di mirtilli, spinaci e a decorare purè  di patate.
7 - Tacchino ripieno di cupcakes. Per questa ricetta consigliano di cuocere prima i cupcake e poi metterli nel tacchino e mentre questo arrostisce in forno, i cupcake si impregneranno del sapore del povero animale. Per questa consiglio di guardare bene l'immagine. A me disturba assai.
8 - Muffin al tacchino e purè di patate.
9 - Torta a strati di patate americane, tacchino, purè di patate e stuffing.
10 - Gelato...che non so spiegare. Quindi per ogni eventuale curiosità e spiegazione eccovi il link. Ognuno libero di pensare e  giudicare.

http://www.huffingtonpost.com/2014/11/20/thanksgiving-alternatives-break-tradition_n_6182010.html

La mia umile opinione è che a volte sarebbe meglio optare per la semplicita', il buon senso e soprattutto il rispetto per il cibo.

A.


Sunday, November 1, 2015

Insolite bellezze

Come scrivevo nel precedente post accennando al foliage e l'autunno nel New England,  questo mese si assiste ad un vero e proprio spettacolo della natura.
Abbiamo deciso di non prendere la macchia e guidare per ore ma di godere di ciò che abbiamo praticamente a pochi minuti da noi.
Il posto più lontano raggiunto è stato il Public Garden di Boston, cioè il polmone verde della città. Mentre quello più vicino è il giardino di casa nostra. Nel mezzo un luogo che a molti potrebbe sembrare macabro ma che a me ha sempre affascinato. Ci passo spesso guidando e nelle ultime settimane ho maturato sempre più l'idea di fermarmi ad ammirarlo. Il Bell Rock Cemetery.

Friday, October 30, 2015

Halloween 2015






Non fa certo parte della cultura italiana ma Halloween ormai si e' diffuso ovunque.

Ho fatto i miei compitini e per Il Colazionista ho scritto di "Allouin" e suggerito una semplice ricetta per un dolcetto alternativo da offrire ai bambini che si paleseranno alle vostre porte.

Buon divertimento!

A.



Friday, October 16, 2015

Un giretto per il North Shore. Essex e Gloucester


Come Essex accoglie i suoi visitatori e un negozio di antiques.


Molto spesso mi sento ancora turista e mi incuriosisce scoprire piano piano tutta la bellezza che abbiamo intorno.
L'autunno si presta bene alle escursioni in New England; ormai il caldo umido è passato ed il freddo non dovrebbe arrivare fino a metà Novembre.
Così Domenica scorsa siamo usciti di casa in cerca del famoso foliage che attira puntualmente gente da ogni dove. Volevamo vedere come gli alberi, in questo mese, si vestono di colori autunnali bellissimi, che variano dal giallo al rosso porpora con tutte le varie sfumature che stannno nel mezzo 
Gira, rigira siamo finiti nel North Shore, cioè la costa a nord di Boston.
Foliage poco ma bellezza tanta!.
La prima tappa è stato il piccolo centro di Essex, nato ufficialmente nel 1819, si affaccia su l'Essex River ed è famosa per il terreno paludoso che la circonda. 
Questo piccolo paese è una perla nel North Shore, ben tenuto, accogliente e caldo con i suoi ristoranti principalmente di pesce è noto anche per il numero alto di negozi di antiques. Si susseguono uno dietro l'altro nella via principale del paese, come se non ci fosse altra attività. 
Abbiamo dato una spulciata ad un paio di questi e ciò che si può trovare è qualcosa di straordinario ed affascinate.  Vecchi bauli, arredi, sedie antiche, ogni tipo di barattolo in latta, storiche macchine da scrivere, vecchie riviste,"ciottoli" e serviti da tavola stile ottocento fanno brillare gli occhi a chi come me vede il bello nelle vecchi cose. Cioe' negli oggetti che hanno già avuto una gita e sono lì pronti per viverne una seconda.


National Geographic del 1940




La bellezza dei serviti in vetro e di una vecchia macchina da scrivere.

Veramente difficile non passarci una giornata intera. Il paesaggio tutto intorno è incantevole, silenzioso e rilassante. Si può sedere  in riva al fiume e godere del panorama che sta cambiando colore e si prepara al freddo.

Essex River

Dopo aver ammirato le bellezze di questo paesino e dei suoi negozietti di antiques ci siamo spostati a Gloucester, paese di mare distante quindici minuti di auto.


Gloucester.

A qualcuno verrà in mente il film "La tempesta perfetta" ed infatti è qui che è ambientato e da qui parte il protagonista con la sua barca. 
È una piccola cittadina di mare nota per il commercio del pesce in tutta la costa, oltre ad essere una ben conosciuta zona di villeggiatura specialmente durante l'estate.
Chi visita il Massachusetts va anche a vedere il passaggio delle balene a due ore dalla costa con tour organizzati appositamente. Dal porto di Gloucester  molti di questi traghetti partono colmi di turisti pronti a farsi ore di mare per assistere allo spettacolo. 
A Gloucester abbiamo passeggiato sul lungo mare che però quella mattina si presentava ventoso e bagnato. Le onde dell'oceano arrivavano sulla passeggiata, quindi è stata una toccata e fuga. Ma ne è valsa la pena. Ci siamo comunque trattenuti per pranzo e, vista che il luogo era perfetto, abbiamo preso una bella clam chowder, la classica zuppa di molluschi e panna del New England. 
Piccola curiosità di questo paesino di mare è la massiccia presenza di famiglie di origine siciliana che, dopo essere arrivati qui, insegnarono nuove tecniche di pesca alla comunità di pescatori. 
Qualche foto, un'altra passeggiata e ci siamo diretti verso Rockport ma, dopo aver cercato un posto per l'auto per più di mezz'ora, abbiamo dovuto rinunciare. Ci siamo già stati ma voglio fare un'altra piccola escursione e ne avremo modo. 






Friday, October 9, 2015

Tutto passa


Ho raccontato di come mi sono sentita quando l'eccitazione e l'euforia del trasferimento sono finite. L'ho fatto per un sito interessaste nato dalla collaborazione di più donne che vivono su diversi fusi e si ritrovano online a condividere le loro storie.
Il sito è  amichedifuso.com.

Ieri è uscito il mio post come ospite e sono veramente contenta di aver condiviso con loro quella grande confusione che avevo in testa. Ma poi e' passata.

Bast cliccare qui...

http://www.amichedifuso.com/2015/10/08/da-boston-adele/


A.

Thursday, October 1, 2015

Non sono pronta




Quando agli idranti vengono messi questi bastoni a strisce bianchi e rossi mi viene freddo.
Mentalmente faccio un veloce inventario del guardaroba  invernale e penso che forse è il caso di far aggiustare quel bel piumino caldo alla quale lo scorso inverno ho sbranato la cerniera.
Vuol dire che il Comune si sta preparando all'arrivo dell'inverno e della neve. I bastoni infatti servono ad individuare sotto la neve gli idranti, ovviamente da usare in caso di necessità.
L'altezza del bastone sarà sì e no due metri, quindi non escludono che due metri di neve possano sotterrarci anche questo inverno.
Lo scorso inverno alcuni Comuni, compreso il nostro, avevano promosso l'iniziativa "Adotta un idrante". A turno, i residenti di ogni via, si sono preoccupati di pulire quotidianamente gli idranti vicini a casa loro. Anzi, non pulirli ma andare a recuperarli sotto due metri di  neve che ci ha fatto compagnia per mesi e mesi. In molti abbiamo aderito. Non il massimo del divertimento ma segno di gran civilta'. 
Io intanto continuo a domandarmi e a ripetermi: "Adelina, va beh che volevi vivere vicino al mare ma forse ti sei imbarcata su un altro volo. Sei finita sulla costa sbagliata. Consolati e abituati perché il New England è tanto freddo quanto bello". 
Ne parlo con mio marito, così tanto per rendere i miei pensieri e le mie ansie ancora più ridicoli. Lui mi risponde: "Trovo tutto questo bello, mi fa apprezzare ancora di più il fatto che viviamo in un paese dove abbiamo tutte e quattro le stagioni. Ognuna con le proprie caratteristiche. Non penso alla neve finché non è il momento di andare fuori a spalarla. Forse perché qui ci sono nato. È normale per me". La mi risposta: "Sì, esattamente" e taccio. 
Inutile dilungarsi ora su questo argomento perché lo farò sicuramente nei prossimi mesi.
E poi io di ansie da gestire ne ho già molte, ora non ho tempo per la futura emergenza neve. Che arriva. Sicuramente.

Friday, September 25, 2015

Andare e tornare



Siamo appena tornati da due settimane di vacanza in Italia.
Sì, dico vacanza perché quando vivi in un altro paese sfrutti le tue ferie per andare a trovare amici e parenti. Si rinuncia quindi alla scoperta di posti nuovi ( almeno per ora) e ma si torna dove gli affetti sono. Per noi due significa Italia e Texas. Siamo estremi, direi!
Fino a fine luglio pensavamo di non andare quest'anno perché avevamo altri progetti. Ovviamente questi progetti si sono rivelati l'ennesima inconsolabile delusione. Ma la vita ci ha sorpreso con la decisione di mia sorella e mio cognato di sposarsi. Non potevo perdermi questo evento. Vedere la mia sorellina firmare per legarsi definitivamente all'uomo della sua vita. Il padre dei suoi bellissimi bambini.


Una giornata a Firenze non poteva mancare


Due settimane sono volate.
Combattere contro il fuso orario, in questi giorni, mi ricorda che è passato davvero poco dai saluti lacrimosi fatti prima del rientro a casa. Il mal di stomaco da ansia è passato. Avevo una forte agitazione perché sapevo di dover salutare tutti nel migliore dei modi, non deludere nessuno oltre alla poca voglia di volare di nuovo. 
Ora, nel silenzio della nostra casa e riguardando per la millesima volta le foto scattate, rimugino su cosa significhi per me tornare in Italia. Cosa ho trovato di diverso e cosa è sempre uguale.
La prima riflessione è su me stessa. In questo nuovo paese sono diventata viziata. Ho a portata di mano l'amore e la presenza di mio marito, cosa che prima mi era stata negata dalla burocrazia. Il consumismo mi sta viziando, cioè l'accesso ad ogni piccola o grande cosa mi serva ad ogni ora del giorno. Così come l'efficienza e la velocità nel poter usufruire di qualsiasi tipo di servizio. Potrei continuare con un infinito elenco ma scelgo di fermarmi qui. 
Con questa consapevolezza in mente mi guardo vivere due settimane nel paese sono nata e cresciuta, mi osservo riprendere in mano un modo di vivere che mi è sempre piaciuto e velocemente torna ad essere mio.
Ho ritrovato la lentezza del tutto. Ho rivisto il cielo azzurro nelle giornate di sole e le stelle nelle notti più belle. Qui non mi è possibile perché siamo troppo vicini a Boston e alle sue infinite luci. Mi mancano le stelline alle quali mi sono tanto affidata in passato.
Appena arrivati in aeroporto ho ritrovato gli stessi abbracci caldi e rasserenanti della mia mamma e i baci infiniti di mia sorella e della sua famiglia.
Nei giorni seguenti ho riscoperto il tempo prezioso e divertente per stare insieme ai miei cugini ed i miei zii.
I colori della campagna intorno alla loro casa non me li ero mai dimenticati. Erano lì, in un angolo di cuore e di cervello, pronti a riesplodere quando i miei occhi li avrebbero rivisti.
Ovviamente ho riconosciuto sapori di cibo che sognavo di mangiare dopo 15 mesi!


San Miniato, Lucca e pane e salsiccia cruda


Per tutte queste cose mi sento ancora io, quella che sono sempre stata.
Di diverso ho trovato che in Italia non c'è esattamente uno spazio per me e mio marito e la vita che viviamo quotidianamente. È un'altra realtà che giustamente è legata ad un altro paese e ad una alla cultura. Oltre che a diverse prospettive e progetti futuri.
La più grande cosa che non è più la stessa e mai più lo sarà e' la quotidianita' nella vita dei miei nonni. La vecchiaia ha preso il controllo su di loro. Con l'oceano nel mezzo ho seguito gli ultimi  mesi di vicissitudini e di acciacchi ma vederli così fragili, bisognosi e sensibili è un'altra cosa. Ma e' cosi' che il vivere si evolve.
I cambiamenti servono, sono risorse energetiche per la vita. Mia sorella e mio cognato si sono sposati. Se nei mesi scorsi avessimo avuto la fortuna di realizzare un nostro sogno, non ci saremmo stati per questo giorno speciale. Evidentemente era destino che io fossi al fianco di mia sorella nel giorno in cui ha legato per sempre la sua vita al suo compagno. Hanno cambiato il loro percorso mettendo una semplice firma, che sancisce però la legalità della loro già esistente famiglia. E io ho assistito a questo cambiamento. I miei occhi e il mio cuore erano vicini a lei che ha scelto di sposarsi usando l'abito mio, quello del mio matrimonio, le mie scarpe e la mia stola. Quella che ora profuma di lei e che ieri ho stretto forte a me per sentire il suo profumo. Sentirla cioè più vicina ora che 8 ore di volo ci separano di nuovo.


Preparativi per gli sposi


Questo viaggio mi ha anche offerto la possibilità di esserci il primo giorno di scuola di mia nipote. Tra un bel gruppo di genitori orgogliosi,  felici e sorridenti c'ero anche io, la zia matta che piangeva come una disperata. Lo stesso pianto di felicità del giorno della sua nascita. La sua nascita e questo giorno speciale, sei anni più tardi, sono la conferma che la vita ci riserva delle novità e cambiamenti unici e imperdibili.
Il caso ha voluto che la mia migliore amica diventasse mamma due giorni prima del nostro arrivo. Ho così potuto godere di un suo abbraccio in questa nuova versione. Un abbraccio profumato del latte di una nuova mamma e di amore trasformato in una piccola creatura. Mi sono divertita a consegnare a mano, e non con una brutta spedizione, al suo bambino tutti i piccoli doni pensati e comprati mesi e mesi in anticipo.
Tutte queste nuove cose, belle e meno belle, mi fanno sentire come se avessi pareggiato con i conti per i mesi non passati con loro. Certo, in due settimane non fai molto ma sento di aver recuperato un po' di tempo che avevamo bisogno di passare tutti insieme. E' come se avessi preso una boccata d'aria.
Porto a casa la voglia  di cominciare da dove io e mio marito avevamo lasciato un paio di progetti in sospeso. Una valigia pieno di cibo, vini e affetto che ci hanno regalato. Migliaia di foto e video fatti per sostenere meglio la malinconia  dei prossimi mesi. Perche' tanto  arriva, cattiva e prepotente come sempre.
Mi gusto i biscotti fatti da mamma la sera prima della nostre partenza. Li mangio lentamente e pochi per volta per il terrore che finiscano subito. Sono come una coccola infinita per me.
Rientrando ho ritrovato l'aria fresca e frizzantina del New England a ricordarci che i mesi freddi stanno arrivando.
Così come la quotidianità nostra che ci è mancata. Diciamo che  è stato un "bel sacrificio" spendere sue settimane intense con la mia famiglia.

Wednesday, September 23, 2015

Il Colazionista

Sono una fanatica della colazione. Lo sono da anni. Mi sveglio al mattino con una fame da lupi. Non riesco a fare niente se prima non faccio colazione. E per farlo mi piace prendermi il tempo necessario, questo spesso vuol dire anche alzarmi con largo anticipo al mattino prima di uscire di casa.
La colazione mi gratifica, mi fa sentire fisicamente bene e mentalmente è per me paragonabile ad una coccola, un abbraccio che mi concedo e al quale non potrei mai rinunciare.
Se penso alla mia colazione del cuore mi viene in mente la ciambella al latte della mia mamma e tutte le volte che l'ha fatta per me e mia sorella.
Poi ci sono le colazioni con la mia amica, momenti unici, nostri, dedicati alle confidenze. Invece di una birra la sera abbiamo sempre preferito un bel cappuccino al mattino per ritrovarsi insieme. Così come le colazioni con mia sorella e mia nipote. La colazione è per me un insieme di ricordi e affetti.
Da qualche mese seguo su Facebook una fantastica pagina del sito "Il Colazionista".  Si tratta di un gruppo di persone appassionate di colazione. Si definiscono "collezionisti di colazioni". Sono rimasta affascinata da subito e ho apprezzato la loro unicità.  Non avevo mai trovato un sito che parlasse esclusivamente di colazione, dedicando a questa la gloria che si merita! 
Quando ho letto che cercavano dei nuovi Colazionisti, cioè appassionati come loro, mi sono proposta offrendo la mia collaborazione da oltreoceano. Mettendo cioè a disposizione loro il mio "spirito di sacrificio" una volta al mese per andare a fare colazione in un posto nuovo per poi parlarne nel sito.
Ecco che da oggi è iniziata la mia collaborazione e online potete già leggere il mio primo contributo.
Andate a leggere questo blog, magari al mattino mentre lentamente sorseggiate il vostro caffè. Dedicate a voi stessi la colazione che meritate, ogni giorno.
Troverete interessanti reviews, suggerimenti di luoghi carini, ricette gustose e tante curiosità inerenti alla colazione.

http://ilcolazionista.com


Buona lettura e ricordatevi siamo anche su Facebook e Instagram ;-)

A.

Ps: sono contenta matta! 

Monday, September 14, 2015

"Intervista"

Mi hanno fatto delle domande e ho risposto.
Ho pensato e ripensato.
Ora che sono in vacanza in Italia e rileggo questa intervista mi rivedo, riascolto e rifletto. E come al solito non smetto di pensare.

Mi potete leggere su "Voglio vivere così", sito interessante per gli italiani nel mondo che raccontano il loro mondo, un mondo nuovo, affascinante ma non sempre facile. Seguiteli!

Basta cliccare qui.
http://www.voglioviverecosiworld.com/curiosita/a-stelle-e-strisce/boston-solo-andata-il-blog-di-adele

A.


Friday, August 28, 2015

Le cose che non hai capito

Girellando online mi sono appassionata alla polemica che non riesce a fermarsi riguardo un articolo pubblicato da un sito usato da stranieri intorno a Roma.
Titolo: "100 short impressions after a year in Italy". Traduzione: "100 brevi impressioni dopo un anno in Italia".
Inizialmente portava la firma di un tizio apparentemente americano. Qualche giorno dopo, penso a causa dei commenti non felici di molti, la firma è stata cambiata con "5 ragazze alla pari".
Alla prima veloce lettura mi ha fatto sorridere e ho anche immediatamente riconosciuto alcuni punti come assolutamente veri. Ad una seconda lettura un po' più attenta ho iniziato a trovare cose che non mi piacciono.
Non mi piace il fatto che siano stati usati termini che generalizzano come "tutti", "mai", "nessuno" o altri che a mio avviso danno solo un idea negativa di quello che le simpatiche ragazzette volevano dire. Come me i molti italiani che hanno controbattuto in modo risentito ma anche ironico.
Una delle ragazze alla pari autrice di questo elenco ad un certo punto sente il bisogno di intervenire e di spiegare cosa volessero dire. Viene fuori che questo era un semplice elenco scritto così per ridere tra loro, che la loro esperienza si limita alla città di Genova e alle famiglie nelle quali erano ospiti o per le quali lavoravano. Ma queste donzelle avrebbero dovuto rivedere la lista prima di autorizzare il sito a pubblicarla e magari stare attente ai termini scelti e a fare una premessa che dicesse luoghi visitati  e situazioni sperimentate. Perché secondo me non si può dire che nessuno in Italia parla inglese o che in Italia ci sono solo palazzi ed appartamenti.
Io che sono assai permalosa vedo in questa lista una serie di stereotipi vecchi quanti il Colosseo e sinceramente mi sarei anche un po' stufata!.
Come dicevo alcuni punti sono veri, sono dati di fatto e non impressioni soggettive. La causa di molte cose può essere l'economia instabile, le tradizioni delle quali andiamo fieri, una cultura basata sul vecchio inteso come antico...
Bisogna pensare anche da chi vengono questi punti, voglio dire: delle ragazzette alla pari in Italia per un anno con quale apertura mentale ci saranno state?! Quante di loro hanno veramente capito almeno il 10% della nostra cultura o come vanno veramente certe cose e perché?
Io, sicuramente acida e offesa, chiederei però loro qualcosa riguardo il punto numero 17: "il pene non è circonciso'. Ecco, vorrei sapere quale esperienza, evidentemente diretta, ha permesso loro di fare questa affermazione! Sembra quindi che certi aspetti della nostra cultura abbiano avuto modo e tempo di approfondirli! ( si scherza, eh come si dice in Toscana. Sicuramente sanno questo importantissimo dettaglio per il fatto che si saranno occupate di bambini piccoli).
Qui sotto il link...in Inglese... Mi dispiace, cari lettori ma d'altronde si sa, "nessuno in Italia parla Inglese".

Buona Lettura.

Thursday, August 13, 2015

San Rocco

Ormai le tradizioni che mio marito rispetta fin da quando era bambino stanno diventando anche le mie e ogni Agosto ci troviamo per una sera a cena ad un evento legato a San Rocco.
Ovvio io del santo in questione non so niente ma prendo l'evento come un'uscita con amici.
Questa vecchia tradizione risale al 1929 quando un gruppo di immigranti italiani cattolici si unisce e fonda " The Saint Rocco Fraternal Society" con lo scopo di raccogliere fondi per aiutare persone in difficoltà. Nello stesso anno nasce anche la celebrazione del Santo che consiste in un fine settimana di festeggiamenti. Questa festa si svolge nel quartiere italiano della nostra cittadina.
Il venerdì si aprono i festeggiamenti con l'immancabile processione e la banda che suona sia l'inno americano che quello italiano. A seguire i seguaci di San Rocco, qualche italiano vero rimasto e molti italo- americani convinti di essere veri italiani!
Per tre sere consecutive un'intera via viene chiusa per fare posto a svariati stand alimentari che vendono "cibo italiano", qualche bancarella di artigianato e intrattenimento per bambini.


Arancini-ini-ini


Molti dei residenti attaccano bandiere italiane alle finestre e ai terrazzi. Prendono posto sul marciapiede di buon ora il venerdì per non perdersi la visuale migliore della processione. Di solito organizzano cene praticamente sulla porta di casa, sugli scalini o su piccoli terrazzi che si affacciano sulla strada.
È un evento veramente molto sentito dai residenti del quartiere, qualcuno sicuramente è un gran devoto di San Rocco, qualcun altro secondo me è piu legato alla festa e la baldoria di tre sere, al poter stare in strada a bere e mangiare a alla tradizione di vedere il proprio quartiere vestito a festa.
Parlando con alcuni degli attuali organizzatori mi ricordano anche che la festa e l' associazione sono nate per il volere degli italiani immigrati che sentivano la necessità di ritrovare tradizioni lasciate oltreoceano.  Tradizioni che poi si sono americanizzate, adattandosi ad una cultura un po' più godereccia e meno devota.
Negli anni sono stati organizzati molti eventi per raccogliere fondi e per ritrovarsi. Così come sono stati stampati dei ricettari con le ricette più conosciute e condivise dai residenti del quartiere più italiano della città. Una di questa viene dalla bisnonna di mio marito!
Come sempre sono polemica rispetto a quanto italiano sia l'evento, il cibo o i partecipanti ma in questo caso provo tenerezza per chi cerca in ogni modo di tenere vivo un flebile ma lungo legame costruiti molti anni prima da qualche nonno che aveva una nostalgia cane di casa. Come le nonnine che lavorano a mano la pasta da friggere e le spolverano con abbondante zucchero a velo.


Le nonnine e la loro pasta fritta dolce


 Poi ovvio che mi escono gli occhi dalle orbite quando vedo i nomi americanizzati di svariate pietanze ma apprezzo davvero tanto chi crede in tutto questo e si sente a suo modo italiano e sente di dover rispettare così le proprie origini.

A.



Thursday, July 30, 2015

Gli americani e il cibo.

Tutta la banalità e la scontatezza del mondo in questo post, ma che mi importa!.
Premesso che qui mangio la carne più buona del mondo e il cheesecake che ha potere ipnotico, ci sono però delle cosine che ancora mi sconvolgono e alle quali non posso abituarmi. Per un discorso morale, quando cioè vedo il cibo simil-italiano malamente cucinato, e quando ho seriamente paura di morire a cause di ciò che mi viene proposto.
Bisogna innanzitutto dire che i modi di servire il cibo sono diversi dai nostri. Noi facciamo molto i sofisticati mentre gli americani sono molto pratici e sbrigativi. Capita quindi che in alcuni ristoranti non venga usata la tovaglia e nemmeno le tovagliette di carta. A me questa cosa un pochino disturba, non per un discorso estetico ma per i mille eventuali batteri su quei tavoli velocemente ripuliti con zozze spugne che poi rimangono appiccicaticci e umidi. Allo stesso modo non capisco,ma invidio, coloro che riescono a mangiar, mentre corrono da una parte delle città, una fetta di pizza senza sporcarsi e a bere quasi correndo. Io non ci riesco, credo di avere proprio un problema di coordinamento motorio!
Quando si è poi invitati a mangiare a casa di qualcuno di solito ci troviamo di fronte ad un buffet. Cioè non preparano il tavolo come faremmo noi ma il cibo viene esposto in cucina in diversi contenitori e ognuno riempie il proprio piatto...questo vuol dire tutto il pasto in un piatto. Perché fondamentalmente non ci sono le portate separate e ben distinte ma tutto diventa un bel mix!
Vogliamo parlare di quantità  e dimensioni? Facciamolo, vai! Non è uno stereotipo dire che in America tutto è grande, è  la verità.
Quindi se siamo in più di due a mangiare una pizza se ne ordina una large, cioè il doppio di una nostra normale. Una fetta di dolce può arrivare a pesare anche 300gr, non scherzo. Uno dei famosi chocolate chip cookies almeno un etto.
Il caffè americano, come lo chiamiamo noi, è una secchiata di acqua scura che però a dire il vero può essere buona. Viene servito in giganti tazze termiche di polistirolo "da passeggio"se lo prendi in posti tipo Starbucks o Dunkin Donuts o enormi tazze bollenti se fai colazione nei classici diner. la cameriera passa poi ogni dieci minuti per il "rabbocco" ma siccome consumi altro, allora il caffè non lo paghi. Mentre da noi ancora ci fanno pagare un bicchiere di acqua  del rubinetto.
Il caffè per come lo intendiamo noi, l' espresso, servito nella tazzina  o nel vetro, qui a volte viene visto come una "sciccheria" o da snob o fanatici italici. Io ho sposato uno snob del caffè, ragione numero 6538 per il quale lo adoro!
Passiamo ai condimenti. La più semplice delle insalate che noi pensiamo di condire con olio, sale e aceto qui viene inzuppata in salse dai nomi impossibili da ricordare e cascate di crouton cioè cubetti di pane croccante. Nei tavoli dei ristoranti rimango sempre  un pochino allibita quando vedo queste ampolle contenenti un fantomatico olio, o meglio questo liquidi bianchiccio, slavato e insapore. Ma la cosa che più mi fa rabbrividire è il formaggio grattugiato in barattolini di vetro, tipo quelli da sale e pepe. Questo povero formaggio giace lì, abbandonato a se stesso, invecchiato, ingiallito in attesa che qualcuno lo usi. E lo usano, questo è il dramma!
Mai il Re del dressing è il burro. Spalmato ovunque, anche nei capelli, viene servito a volte anche aromatizzato, oppure semi strutto per distribuirlo meglio sul pane. Molto di moda anche tutti i condimenti a grassi zero che però sono ricchi di formule chimiche sconosciute ai più. Ad esempio il "burro che non è burro" ( così si chiama) che a me incute un po' terrore e la "maionese magica" che mi è passata tra le mani ma non ho avuto il coraggio di leggerne gli ingredienti.
Una cosa che però mi piace è la possibilità che ti danno quando vuoi un panino. In molti posti lo puoi personalizzare che qui puo' voler anche dire mischiare tre tipi diversi di salume mentre per me è semplicemente un panino con cotto e insalata. Proprio qualche giorno fa ho ordinato un semplicissimo panino con la mortazza e mi hanno chiesto e tre volte se fossi sicura di non volere nell'ordine: olio, mostarda, maionese, ketchup e questo è quello. Praticamente mi hanno fatto uno sfilatino con due etti di mortadella e ci ho mangiato due giorni. Giuro è la verità.
Qualche strano abbinamento mi piace anche ma tendenzialmente opto per la semplicità. Per me la trasgressione pura è l'avocado nell'insalata!.
Al supermercato c'è una zona a me sconosciuta che è il reparto del freddo, anche perché c'è veramente gelo e ci vuole il piumino per attraversarla.
Qui si trova ogni genere di conforto , o sconforto dipende da come lo si vede.
Pasta ripiena, pizze ultra condite, polli cresciuti in due giorni e ripieni di chissà cosa, torte salate ripiene e dolci dai mille strati. Tutto così già condito e pronto per essere servito dopo un giro di Valzer nel microonde. 
Così come i famosi Mac and cheese nel barattolino cartonato. Si aggiunge acqua a quella povera pasta secca, 3 minuti nel microonde e poi si aggiunge la fantastica polvere di 4 diversi formaggi e un bel piatto di pasta resuscitato è servito. Mi dicono qui che intere generazioni di bambini ci sono cresciuti e ancora oggi è il loro piatto preferito.
Anche se ad oggi c'è più consapevolezza soprattutto per il cibo offerto ai bambini e va molto di moda tutto ciò che bio, gli americani continuano compone a preferire tutto ciò che è veloce da preparare a ciò che richiede un pochino più di cura e attenzione.
Proseguiamo con le bibite. Ho visto bambini sotto l'anno di vita bere la solita soda con le bollicine come fosse acqua. Tutto ciò che non ha sapore, non è colorato e non ha bollicine incluse quasi non entra nelle case americane. Lo zucchero che queste bibite contengono è una cosa raccapricciante. Vengono fatte campagne pubblicitarie contro queste ma se poi al fast food ti offrono il bicchiere da mezzo litro a 99 centesimi e il rabbocco ad oltranza allora tutto va a farsi benedire.
Non importa cosa ordini da bere ma di sicuro,365 l'anno e anche mentre fuori ci sono tre metri di neve, ti verrà servito con 300gr di ghiaccio che ti paralizzerà la lingua e lo stomaco. Anche se chiedi specificatamente che non vuoi ghiaccio nel tuo bicchiere l'acqua servita sarà comunque a temperature polari. L'acqua a temperatura ambiente non viene servita perché potrebbe andare a male e avvelenarti e potresti fare una denuncia al ristorante così enorme da chiedere un indennizzo degno di Donald Trump.
Ricordo la prima volta che capii che al supermercato vendono le buste di giaccio, cioè buste di cubetti di ghiaccio pronte all'uso.
Non voglio essere ipercritica pur essendolo ma davvero certe cose fatico a capirle e farle mie ma devo ammettere che cercando si trovano posti dove il cibo è buono, curato, fresco, le tovaglie ci sono e sono appena uscite dalla tintoria. 
Noi cuciniamo molto e siamo molto attenti alle etichette e a tutto ciò che è artificiale e altamente chimico.
Per certe cose noi italiani abbiamo solo da imparare da questo popolo.La fantastica doggy bag ne è un esempio. Si tratta cioè della mitica borsina con gli avanzi del tuo pasto al ristorante. Addirittura ora ti portano a tavola i contenitori e la busta così che tu possa metterci gli avanzi e non dubitare di cosa fanno in cucina quando portano via il tuo piatto. Portare a casa gli avanzi e' secondo me una forma di rispetto per il cibo, non va perso, gli dai una seconda possibilità e poi lo hai pagato. Perché buttarlo? Qui non ti fanno sentire pezzente anzi te lo chiedono loro se vuoi portarlo via e non sei te a chiederlo come se fossi uno che a casa non ha altro. So che in Italia già si stanno attrezzando e la cosa mi piace.

A.




Sunday, June 21, 2015

Record personale

Oltre ogni mia aspettativa domani, lunedì 22 giugno 2015, stabilisco un mio personalissimo record.
Trecentosessantacinque giorni che non attraverso l'Oceano per riunirmi con la mia famiglia e i miei amici.
Trecentosessantacinque giorni durante i quali ne sono successe di cose, una o due belle e una valanga di brutte. Momenti non condivisi come avrei voluto, e forse dovuto, con la mia famiglia. Momenti che mi hanno messa alla prova e che mi hanno dato innumerevoli notti insonni.
Cinquantadue settimane di lontananza nello spazio e nel tempo da dove provengo e dove ho lasciato trentaquattro anni di vita.
Dodici mesi volati, nonostante alcuni giorni sembrassero interminabili nel bene e nel male.
Un anno durante il quale ho visto, e sto vedendo, crescere i miei nipoti e cugini attraverso foto, video chiamate e messaggi.  Allo stesso modo "vedo i miei nonni invecchiare".
Un anno durante il quale molte cose sono cambiate, io sono cambiata e con me la mia vita qui.
Non credevo di avere la forza per stare così tanto lontana dalla mia mamma, dalla mia sorella e compagnia bella! Eppure è andata così.
Sono partita lo scorso anno con la consapevolezza che non sarei tornata presto, l'ho detto a tutti quando ci siamo salutati ma soprattutto l'ho dovuto ripetere a me stessa come un mantra. Fino a convincermi che ce l'avrei fatta.
Non che ne sia felice e orgogliosa. potessi partirei domani ma per ora va bene così.
Ho scoperto di avere risorse nascoste di forza e pazienza che credevo di aver esaurito perché le avevo riversate in passato su altre vicende.
Mi piace sognare che la prossima volta che rivedrò qualcuno a me caro sarà perché verranno qui da noi, vedranno come viviamo e chi siamo come piccola famiglia. Li porterò in giro per mostrare loro le piccole cose che ho imparato e la bellezza di Boston.
Sfogo finito, forse melenso e malinconico ma ne avevo bisogno.
Ora che un anno è passato inizio il conto alla rovescia per quel giorno, ancora indefinito, nel quale l'ennesimo aeroplano mi porterà a riabbracciare le persone dalle quali oggi sono seimilaquattrocentodieci km lontana!

A.

Tuesday, June 16, 2015

Lui ha un Ego da paura!

Leggo quotidianamente le news online e a parte lo sconcerto per le tragedie da ogni parte del mondo, rimango sempre incuriosita dalle tipiche americanate che trovo. Si tratta sempre di cose vere e che accadono solo qui. Come la faccenda della quale leggevo oggi, sembra una scemenza ma fa riflettere. 
Manny Ramirez, ex giocatore di baseball per i Boston Red Sox, famoso per essere stato squalificato perché positivo a sostanze proibite e per detenere ancora il record come giocatore più pagato nella storia della squadra, ha tre figli maschi. Fin qui tutto bene.
La faccenda fa ridere quando si viene a sapere che tutti e tre i figli hanno il nome del padre.
È tipico nei paesi anglosassoni che i genitori diano ai figli la famosa "nomata" , cioè il nome dei nonni così come danno il loro stesso nome ai figli.
Conosco familiari e amici che portano il nome del padre e quindi diventano Junior, per esempio Robert Junior o più breve JR o BJ diminutivo di William, che sarebbe poi mio marito.
Capisco un figlio che porta il tuo nome ma tutti e tre. Perché?
Ma che problemi hai?  Ce l'hai grosso...l'ego! Hai delle aspettative infinite verso questi ragazzi. Hai proprio bisogno di rivedere te stesso in loro e magari sogni pure di veder replicare le tue spettacolari gesta? Hai paura di essere dimenticato?
Mi domando cosa accada in casa tua quando ne chiami uno e ne arrivano tre.
Inoltre come si sentiranno questi tre fratelli. Sono tre persone ben distinte ma con lo stesso nome. Saranno infastiditi da questo? E se a loro proprio non piace? Facile, cambiano nome e sconvolgono il super ego del padre.
D'altronde il padre in questione, nato nella Depubblica Dominicana, è diventato cittadino americano nel 2004 e probabilmente si è così naturalizzato e allineato alla megalomania degli americani che non poteva fare altrimenti. Allora ha fatto di più.

A.

Friday, June 12, 2015

Dall'albicocca in poi

Questa sera a fine pasto ho assaggiato la prima albicocca della stagione. L'aspetto sbiadito non prometteva niente di buono. Al primo morso la delusione. Ma più che altro una retrospettiva di pensieri interminabile.
Con il sapore insipido mi ha travolta la malinconia per quelle cose che qui per svariati motivi non ho più, non mangio più o non vedo più.
E cioè:
-Le albicocche che nonna comprava al mercato, belle e quasi arancioni, succose, dolci, morbide.
-Il suono delle campane. Da brava eretica non vado in chiesa, non ne avrei motivo, ma il suono delle campane, un po'  campagnolo, quasi mi manca. Quelle allegre e quelle che fanno venire sonno quando le senti alle due di un pomeriggio di Luglio. Qui non le sento mai, forse ci sono ma io ancora non le ho sentite.
- Le stradine sterrate e polverose di alcuni paesini.
- I ciottoli scomodissimi sui quali solo noi possiamo camminare.
- Le giratine della domenica. Non fanno parte della cultura americana. Punto. Si fa altro e mi sono adattata.
- La minestra di pane della mia nonna. Lo stomaco brontola quando ci penso.
- Il ragù della mia mamma. Ci provo e mi impegno ma non mi verrà mai così buono!.
- Le passeggiate alla Tinaia.
- Firenze in una notte d'estate.
- Le zucchine quelle piccole e deliziose.
- Il profumo delle pagine dell'album di fotografie di quando ero bambina. Il classico album gigante con la copertina in pelle e la velina in mezzo ad ogni pagina. La prossima volta che torno in Italia lo porto via. Ha un profumino inconfondibile, non so cosa sia esattamente ma sa di buono.
- Poter prendere il telefono e dire: "chiamo Madda e vado a trovarla in quella casa che sa di pace e tranquillità".
- Le colazioni in pasticceria. Soprattutto quelle con mia nipote.
- Il profumo di un forno che si respira dall'esterno.
- Il quotidiano la Repubblica, versione cartacea, quella vera che mi macchia le dita.
- Saper dove andare quando devo sbrigare qualche scartoffia.
- Il buio pesto in camera da letto. Non abbiamo "gli avvolgibili" ma veneziane alle finestre e quando inizia ad albeggiare la luce trova quella piccola, odiosa fessura e mi arriva dritta negli occhi.
- Una zona abbastanza buia dalla quale ammirare le stelline cadenti nelle quali ho tanto creduto e mi hanno portata qui.

Potrei continuare per ore ma mi fermo perché tutto sommato mi mancano sì un sacco di cose ma qui ho trovato la sola cosa che non avevo in Italia: Lui e "la vita che sognavo da bambino". Jova docet!

A.



Wednesday, June 10, 2015

Lo stile non è gomma!

In Italia, almeno a Firenze, le americane  le riconosci perché indossano quasi esclusivamente le infradito.
Ma non un paio di Chanel o Birkenstock. Ma bensì quelle di gomma, quelle da spiaggia per intendersi. Modello basico. Gomma, pura gommaccia che si consuma dopo due ore sul lato dove il piede appoggia di più.
Io, piccola ingenua che non sono altro, pensavo fosse un discorso di comodità e mi dicevo: "mah, queste sono in vacanza qui e magari le usano per comodità visto che camminano molto in città ". Anche quando le vedevo vestite quasi bene con ai piedi queste palette gommate.
Poi sono venuta da questa parte dell'oceano ed ho iniziato a  capire.
Sì è un discorso di comodità ma soprattutto è normale. Normale usarle sempre e comunque.. Poi non si fanno alcuna remora e le vedi sfoggiare le infradito in ogni occasione.
Sono un must, cioè quell'indispensabile accessorio da avere assolutamente nell'armadio.
Ne hanno in tutte le salse, svariati colori, modelli, gommati o cordati, addirittura con un po' di zeppa
(orrore degli orrori).
Le vedo in giro talvolta ben vestite, in divisa da lavoro più o meno elegante portare con disinvoltura queste infradito che io tengo in casa o al massimo al mare. Se devo andare in giardino a volte mi viene il dubbio non sia il caso di usarle.
Per me sono un po' la ciabatta classica che intendiamo noi, si usa in casa. Ma fuori almeno un sandalo decente. Gommati si va al mare, in piscina o in casa. O dalla vicina di casa per chiedere un uovo che ti manca sul più bello della ricetta che stai eseguendo.
La regola secondo me dovrebbe essere che non escono dal perimetro della proprietà nel quale si vive.
Stanno lì, tutti sanno che esistono ma non si mostrano. Totale omertà.
È anche vero che le tipiche donne americane  non hanno la raffinatezza degli europei nei vestire e guardano molto alla praticità. Ma il bello loro è che si fanno meno problemi di noi, se ne fregano se una come me rimane inorridita se le vede in un ufficio qualsiasi camminare su questo pezzo di gomma.

Ho addirittura letto un articolo online nel quale veniva fatta una brutta critica a delle persone che erano state invitate alla Casa Bianca e che nella foto di gruppo con il Presidente indossavano queste meravigliose infradito.
Ma loro ci ridono e ribattono che vivono in un paese libero e democratico e quindi ai piedi mettono quello che vogliono. Se non sono stati fermati all'entrata della Casa Bianca chi li ferma più?!
E poco importa se ci sono studi scientifici che dimostrano che l'uso smodato di queste causa problemi fisici ed è fonte di funghi e batteri. Tanto loro si spruzzano in continuazione con i prodotti antibatterici e proseguono per la loro strada.
A me piace quando le offrono ai matrimoni come alternativa al tacco quando si aprono le danze. Ecco, mi pare un idea carina e divertente.
Io le uso solo in casa. Anche se una confessione da fare ce l'avrei.
Ieri, presa dal l'ansia di non trovare una cosa in un negozio per la Mia Amica, sono uscita di casa così come ero. Fossi stata nella cittadina italiana dove sono nata e cresciuta, mi avrebbero presa per una scappata di casa. Avevo ai piedi le infradito che uso in casa, quelle versione casalinga disperata. Era un'emergenza, non potevo perdere tempo a cambiarmi. Non accadra' mai piu'!
Le adoro, ma non escono mai dal vialetto. Scatta l'allarme, si bloccano le gambe,
Qui nessuno mi ha notata.  Se non apro bocca pensano che sia un autoctona. Perché le infradito e il perfetto inglese fanno  di ogni donna una vera americana!
Per quanto mi riguarda il perfetto inglese mi manca e le infradito da sfoggiare ovunque pure quindi rimango la perfetta italiana e me ne vanto!
Mi vanto anche delle Birkenstock che tutte le tipe qui mi invidiano. Qui costano tantissimo e sembrano decollare solo ora nella moda.
Eh, ancora una volta stiamo avanti noi! 

Sunday, May 31, 2015

Prom

Mi incuriosiscono molto le cose che ho sempre e solo visto nei film ma che in realtà fanno parte della cultura americana.
Questo è il periodo della chiusura delle scuole per le vacanza estive.  Ma per coloro che si congedano dalle scuole superiori è tempo di grassi festeggiamenti. Cioè è tempo di Prom.
Sì, quel ballo della scuola che nei film viene tanto esaltato come l'evento dell'anno e che segna per sempre la vita di un diplomando.
Siccome è un esperienza che noi in Italia non facciamo allora ho iniziato a chiedere a mio marito come andò il suo Prom ma non mi soddisfava. Così ho "ingaggiato" la figlia della vicina di casa. Michaela, 18 anni, la maggiore di tre figli che da Venerdì  scorso può dire di aver vissuto la magia della notte del Prom!
La mia "adolescente di riferimento" mi ha aiutato un po' a capire il perché di tutta questa euforia intorno a tale evento, cosa lo rende così speciale, imperdibile e unico.
La sua definizione schietta di Prom è stata: "è una grande ed ultima celebrazione di questi anni di scuola passati insieme".
Mi racconta che per questo evento la "Class of 2015" ha iniziato a raccogliere soldi già dal primo anno di scuola superiore attraverso eventi di vario tipo.


Lo scopo è racimolare abbastanza soldi per pagare una location carina e il dj per la serata danzante. Non tutti gli studenti però possono partecipare, cioè coloro che ripeteranno l'anno, chi ha debiti con la mensa della scuola, quelli che non hanno restituito un libro preso in prestito dalla biblioteca o coloro che hanno qualche problema di condotta.
Michaela ha iniziato la ricerca del suo abito a Gennaio perché a primavera sarebbe stato troppo tardi per trovare ciò che aveva in mente. Così come le varie prove di trucco e parrucco.
Il dettaglio fondamentale per partecipare a questo evento è chi ti accompagnerà. Se hai il ragazzo/a la scelta è già fatta ma se sei single allora le opzioni sono tre. Aspetti che qualcuno ti inviti, fai tu l'invito ( anche ad uno studente di un'altra a scuola purché abbia tra i 16 e i21anni) oppure vai da solo/a. Certo, ad andare da soli ci vuole coraggio perché nessun diciottenne vuol passare da sfigato che non riscuote nessun successo. Ma succede e secondo me invece chi va da solo ha solo da dimostrare di avere una gran fiducia in se stesso.
Lei ha invitato un "amico di fiducia" , un ragazzo che conosce da tempo e che frequenta un altro istituto.
L'inizio della serata è stato a casa quando, dopo essersi preparata, le hanno scattato milioni di fotografie in giardino con amici, parentado, sorella e fratello e genitori con occhi a cuore e il classico orgoglio americano stampato in faccia.

Poi via di corsa a scuola dove avviene la camminata sul tappeto rosso e la presentazione delle coppie e degli  scoppiati. Qui partecipano i 400 maturandi e al loro seguito assistono e applaudono ancora genitori, amici, e fratellame vario. Quindi una miriade di gente e Michaela dice che questo per lei è stato il momento più imbarazzante.
Nel frattempo ci sono fuori ad aspettarli le Limousine prenotate da gruppi di ragazzi che li accompagnerà alla location scelta e auto sponsorizzata. Non fasciamoci tanto la testa. Qui prenotare una limousine non costa niente, soprattutto se lo si fa in un gruppo di 10. Costa quanto una pizza e una birra.  Mentre alcuni insegnanti si occupano del tappeto rosso altri ispezionano le Limousine per essere sicuri che nessuno vi abbia nascosto alcolici. Fino ai 21 è vietatissimo bere, si rischia grosso e in questo caso rischierebbero di non diplomarsi.
Finita la sfilata inizia la parte bella della serata. Il party si svolge in un club privato che si affaccia su un lago, usato per ogni tipo di ricevimento e cerimonia. Insomma ci sono andati pesanti questi ragazzetti. Io, da quello che avevo capito da qualche film o serie televisiva , pensavo il tutto si svolgesse nella palestra della scuola. Il bello è che gliel'ho anche detto e Michaela e mi guardata un po schifata!  Mi ha poi spiegato che chi non raccoglie abbastanza fondi è costretto a ripiegare sugli ambienti della scuola ma è da perdenti e loro evidentemente non lo sono.
Mi ha raccontato che hanno mangiato, bevuto bibite analcoliche, mangiato gelato e ballato tutta la sera. 
Per lei è stata l'ultima occasione di ritrovarsi tutti insieme prima della grande cerimonia che li incoronerà ufficialmente diplomati. Non che abbia avuto modo di spendere tempo con tutti i 400 presenti anche perché non li conosce tutti, ovviamente. Sa già che la stragrande maggioranza delle sue conoscenze e amicizie andranno perse, perché ognuno prenderà la sua strada, molti si trasferiranno per il college anche in altri stati e alcuni non aspettavano altro che cambiar aria! 
Alle 1 di notte la festa si è conclusa e si sono spostati a Boston a casa di amici. A questo punto del suo racconto ho avuto la sensazione che la ragazza abbia voluto un po' deviarmi e confondermi. Credo che abbia avuto inizio la parte della serata dove accadono cose non condivisibili. "Ho sentito dire" che questo è il momento dell'evento nel quale da qualche parte spuntano bevande non autorizzate e talvolta altri tipi di sostanze. O addirittura chi fa coppia fissa si lancia in altri tipi di danze sfrenate! Quando glielo chiedo Michaela sorride e mi dice che sì, è possibile. Non mi sono permessa di andare sul personale con le domande e lei non si è certo sbottonata. Addirittura mi dice di amici che hanno preso in affitto una casa per tutto il fine settimana perché una notte di festeggiamenti non erano abbastanza.
Le brillano gli occhi quando mi dice di aver aspettato questa serata per tutto l'anno di scuola, che era la prima volta che tornava a casa alle 3 del mattino, che per lei rappresenta un momento di svolta dal sapore dolce amato. La consapevolezza di chiudere un capitolo della sua vita, la paura del nuovo che la aspetta, università o lavoro che sia. Lanciarsi in qualcosa di sconosciuto non le piace, si sente insicura. Ma lo deve fare. Ha vinto una borsa di studio in un college perché è stata presa nella squadra di basket. Quindi avrà un appartamento nel campus avendo degli obblighi sportivi da rispettare, oltre che studiare. Doppio lavoro per lei perché se non studia e non rende nella sua quadra perde ogni tipo di finanziamento e le spese sono poi sulle spalle dei genitori. Ricordiamoci che qui l'educazione è business non un diritto. 
Ha scelto però un college vicino casa perché dice : "così posso tornare ogni volta che ne sento il bisogno". 
Quando mi parla delle sue paure mi fa pensare che gli adolescenti americani non sono poi così diversi da quelli italiani, le insicurezze di quell'età così delicata non hanno nazionalità. 
La differenza con i diplomandi americani è che questi non devono fare gli esami di maturità come i nostri. 
Si perdono quindi l'ebbrezza di sognarsi per anni e anni l'orale dell'esame di maturità o di fare incubi dove vengono a dirti che l'esame non è valido e va rifatto. A me succede ancora! 

A.

Ps: Good luck Michaela, enjoy the future! Xx

Thursday, May 21, 2015

Assuefatta dalla TV spazzatura

La tv americana offre una moltitudine di canali e di programmi. I miei preferiti sono quelli più assurdi. Non mi vergogno ad ammettere che guardo roba vergognosa, inutile, stupida, con zero valore educativo/culturale e non ci trovo niente di male. Mi fanno rabbia quelle persone che dicono di seguire programmi culturali e poi guardano "Say yes to the dress".
I programmi che seguo praticamente mi restringono il cervello anziché stimolarlo, creano dipendenza, una droga. Sono drogata di scemenze e di inutilità. Alcuni mi fanno ridere, mi domando come la gente possa essere tanto scema mentre altri mi danno un misto di stupore e rabbia perché sono dei fenomeni sociali e televisivi che non si spiegano.
Come "19 Kids and counting", tradotto "19 figli e si continua a contare".
Il titolo del programma dice tutto.
Questo real show è iniziato quando i figli erano "solamente" 14, circa 10 anni fa. Ha avuto così tanto successo che negli anni il contratto è stato rinnovato fino ad oggi.
Si tratta di una famiglia estremamente religiosa ( non ho capito bene quale religione nello specifico perché qui ce ne sono a non finire) la cui vita ruota intorno a Dio, come servirlo e cosa lui  decida per tutti loro.
Il loro stile di vita è lontanissimo dai giorni nostri. A servizio di Dio prevede la modestia nel presentarsi e nel porsi al mondo. Il loro mondo chiuso però, chiuso e inaccessibile. Questo vuol dire che i bambini non vanno a scuola nel modo più convenzionale che tutti noi conosciamo ma vengono educati a casa dalla madre. Nessuno va al college ma finisce per lavorare con il padre, se maschio e fare la brava moglie di famiglia servitrice del marito, se femmina.
Le figlie vestono sempre con gonne lunghe almeno fino al ginocchio, capelli lunghi,  manine raccolte e sorriso sempre contenuto. Mai una battuta azzardata, non hanno miti musicali, non guardano la TV, suonano il violino e il pianoforte solo per suonare musiche religiose.
I figli indossano solo pantaloni, polo, capelli con piega perfetta. Imparano dal padre a lavorare la terra, corteggiare e rendere servizievole la futura moglie.
Privilegiano lo shopping in negozi dell'usato e modificano tutto ciò che scopre troppo la pelle.
Ovviamente le loro giornate sono scandite dalle ore di preghiera e da lavaggi del cervello.
Non scambiano abbracci "classici" ma solo laterali perché in mezzo a loro ci deve essere sempre posto per Dio, guai a prendergli il posto con contatti fisici.
Oggi i figli più grandi hanno più di venti anni e hanno avuto un adolescenza tutta "casa e chiesa", tra mille divieti e regole rigidissime. Hanno frequentato solo amici di famiglia che fanno parte della stessa religione e chiesa. Assolutamente vietato avere relazioni amorose.
Di solito è il padre che prima conosce un ipotetico ragazzo per una delle figlie, preferibilmente uno che fa parte del suo gruppo di preghiera. Lui lo introduce alla figlia come amico e questo poverello poi, se vuole iniziare qualcosa di più con la figlia deve chiedere il permesso al padre. Inizia così il courtship, il corteggiamento con solo scopo finale il matrimonio. Cioè da qui non si torna più indietro. Il primo e solo uomo che la figlia incontra è quello con cui passerà la vita.
Durante il corteggiamento i due scelgono gli standard di frequentazione ai quali attenersi, cioè i dettami in realtà imposti dalle religione che impongono il divieto di ogni tipo di rapporto fisico, no abbracci, non si tengono per la mano, no baci, no sesso.  A controllare che i due non cadano in tentazione c'è sempre uno chaperon, cioè uno degli innumerabili fratelli che regge il moccolo alla coppia in uscita.
Quindi tempo zero il poveraccio che non contiene  più gli istinti animali chiede in sposa la giovane  vergine. La miglior proposta che ho visto è stata questa: " Vuoi servire il Signore con me per il resto della tua vita?" Eh, sì perché non ci si sposa per condividere la vita con la persona che si ama ma per servire il Signore insieme e tenerlo in mezzo a noi.
Durante la celebrazione del matrimonio si scambieranno il primo bacio davanti ad almeno mille invitati e ovviamente consumeranno la prima notte di nozze. Due delle figlie "promesse in sposa" a due baldi giovanotti hanno annunciato di essere in attesa del primo figlio a meno di tre mesi dalle nozze. Lo scopo è replicare le gesta riproduttive dei genitori e di accogliere tutti i figli che Dio vuole donargli.
Assurdità senza spiegazione logica per me accade durante la gravidanza. Viene fatta una ecografia per accertare la presenza del battito cardiaco e una per sapere il sesso del nascituro. È così via, fino al parto. In casa. E a riguardo non mi esprimo.
Il primogenito di questa prolifica famigliola ha 28 anni e quattro figli e un futuro ancora molto fertile di fronte a se. Fa il predicatore, promuove le associazione pro vita, vicino a repubblicani degli estremi stati del sud, eccessivi da ogni punto di vista.
No so bene quale sia la formula magica di questi programmi ma hanno su di me un effetto ipnotico. Non riesco a smettere di guardarlo, mossa da una morbosa curiosità. Mentre guardo una nuova puntata ogni volta mi domando: perché? Perché vivono così? Perché questo modo preistorico di educare i figli? E come fanno questi ad essere così perfetti? Come possono vivere una vita così estrema? Cosa succede in quella casa quando le telecamere con ci sono a filmare questo stralci di vita felicemente imposta da Dio? Come controllano gli istinti, se davvero li contengono...
Probabilmente questi ragazzi non hanno idea di quello che sia il vero mondo fuori dal loro, non hanno mai potuto vederlo e sperimentarlo. Non hanno il potere decisionale sulla loro vita, non si ribellano, il timore di peccare forse li tormenta. Tutto al di fuori della loro realtà è tentazione, peccato, il loro Dio non lo approva.
Essenzialmente la domanda che mi viene più spontanea è: ma come possono essere così scemi e vivere così in un paese che offre l' impossibile e dove la libertà di scelta esiste in ogni sua forma?.
Non ci sono risposte ragionevoli e logiche, sono assurdi e ingiusti. Questo secondo me, sia chiaro e senza offendere alcuna religione, dalla più permissiva alla più rigida. 
Loro credono che la loro vita sia nelle mani di Dio, io credo che la mia sia nella mie mani, nella mia razionalità e capacità di scelta.