Sunday, February 8, 2015

Anna, Made in Italy

Uno dei bisogni che ho avuto da quando sono qui è stato trovare una sarta.
Intendo una "sartina" brava, affidabile, con le mani d'oro come quelle della mia mamma e della mia nonna che mi hanno sempre salvata quando c'era da togliere metri di tessuto a pantaloni sempre troppo lunghi per me.
Così ho conosciuto Anna, mamma di un nostro amico. Sarta da sempre è più che altro italiana. Italiana vera, Made in Italy nel vero senso del termine.
Anna, piccola donna che porta il più bello dei nomi femminili, si è sposata bambina con Michele. Lui è venuto qui in avanscoperta, per usare le sue parole: "Ho fatto come Colombo, sono venuto prima io a vedere cosa c'era qua!".
Le cose sono andate bene e lei ad un certo punto ha dovuto raggiungerlo.
Quando mi ha raccontato come il suo trasferimento è andato mi sono sentita in colpa. Mi sono chiesta cosa ho io da lamentarmi. Diciamocelo chiaro e tondo: sono arrivata qui con tre valigie e niente da costruire, praticamente perché era già tutto pronto. Certo, sto costruendo la nostra piccola famiglia e la mia nuova vita sociale ma niente di più.
Anna viveva in un piccolo paese del Molise, 19 anni quando è partita e aveva tra le braccia il suo piccolino di due anni, febbricitante e forse spaventato dalla paura che lei stessa provava.
Anna non era mai uscita dal paese, quindi è stata "messa su un aeroplano" diretto a New York.
Il suo primo volo, lunghissimo, infinito verso un paese sconosciuto, senza parlare una parola di inglese con il suo bambino in braccio che ha pianto durante tutta la traversata.
Arrivata in aeroporto si è guardata intorno spaventata. Ma è riuscita a passare i controlli doganali, ha vagato un po' cercando di capire come fare per arrivare al secondo gate di imbarco.
Una coppia ha visto questa piccola donna completamente persa e confusa e le ha offerto aiuto e solo mostrando loro il biglietto hanno capito il suo bisogno. L'hanno accompagnata così al l'imbarco per Boston.
Vola a Boston dove il marito la aspetta e con lui la loro padrona di casa. Usciti dall'aeroporto si sono  diretti in ospedale perché il bambino continuava a stare male.
Ecco, questo è stato l'inizio. Non il migliore. Per non parlare del fatto che per i seguenti 7 anni non ha visto la famiglia. Mi ha detto così: "Adele, i pianti che non mi sono fatta in sette anni...".
Questo paese è fatto di tanti Anna e Michele che meritano un rispetto infinito.
Dovrei smettere di lamentarmi, lasciare da parte la malinconia quando sento la mancanza della mia famiglia. Dopo tutto abbiamo tanta tecnologia che ogni giorno ci tiene vicini.
Mi rimbomba però nella testa una cruda verità che Anna mi ha detto e che un po mi spaventa: "Purtroppo non smetterai mai di sentire la mancanza di casa".