Stranamente ho
avuto fortuna appena arrivata perché si
libera il tavolo che secondo me mi darà la migliore prospettiva. In angolo,
vicino al bancone del bar, spalle al muro e con vista diretta sulla porta così
che possa fare i raggi a chi entra. Ho scelto una piccola cittadina vicino alla
nostra, paesino benestante, dove il centro è dominato da piccoli negozi
indipendenti. Le solo catene sono questa caffetteria, la farmacia e un paio di
supermercati. Volevo andare in uno dentro Boston ma poi ho pensato che qui
avrei trovato il giusto mix di personaggi tipici. In città la clientela è
fortemente influenzata dalla zona: in centro molti turisti, nelle zone
universitarie tutti studenti, nei quartieri snob solo mamme eco friendly.
Quindi eccomi qui.
Occupo questa
fantastica postazione, pulisco il tavolo lasciato sbricioloso e unto da chi lo ho occupato prima di me e vado ad ordinare
il mio caffè latte e cinnamon bun. Sei
dollari, un furto per un latte medio e un pezzo dolce che ovviamente non è
stato impastato la notte scorsa dal mastro fornaio di turno. Buono il latte eh,
ma cavolo sei dollari. Mi giustifico dicendomi che questo è il mio contributo
allo studio di un famoso fenomeno sociale. Contribuisco così allo studio dei personaggi
che vengono qui. Non ci vado quasi mai, ma quando mi capita mi guardo sempre intorno e mi domando chi sia il tipico cliente. E soprattutto mi domando perché
decidano di passare così tante ore qui e più che altro cosa
si prova. Ci sarà una ragione. Perché la gente preferisce studiare o lavorare
qualche ora qui? Capisco l’aspetto ludico e di svago, il ritrovarsi con gli
amici per una caffè e il tempo da dedicare a due chiacchiere. Ma non capisco
tutto il resto. Credo che a volte si vada oltre, come quella volta che ho visto
un colloquio di lavoro fatto in una di queste caffetterie. Non sono per niente
moderna e per niente pronta per questo tipo di cose.
Inizio così
queste due ore da nulla facente guardona.
Il primo pensiero
che mi passa per la testa è: ma guarda te alle nove del mattino quanta gente
che c’è qui, me compresa, a far qualcosa, a fare finta di lavorare o di
studiare o scrivere un trattato di ingegneria spaziale insomma tutti impegnati
a mantenere almeno un’espressione seria. Voler sembrare a tutti i costi intelligenti e
super, super impegnati.
Mi viene anche il
dubbio che ci sia una a fare la stessa cosa che faccio io, cioè niente. La tipa mi
fissa dal suo tavolino e poi abbassa lo sguardo e scrive. Mi riguarda, abbassa
lo sguardo e riscrive sul suo bel Mac. Non credo di ispirarle chissà quali
pensieri filosofici...ma a dire il vero mi inquieta un po'.
Faccio la prima
cosa qui ha senso fare: sfodero il mio ipad mini con tastiera ( che può solo
contribuire a darmi un’aria molto più professionale e meno fancazzista) e mi
collego al Wi-Fi.
Inizio a
documentare quello che vedo, cioè i primi soggetti che trovo già nel seguente
ordine:
- Quattro staying
home moms, cioè le mamme a tempo pieno, nelle loro migliori divise atletiche, che
dopo la meritata ora di yoga e meditazione si ritrovano qui per un caffè. Lo si
capisce perché ognuna di loro ha il proprio materassino arrotolato, avvolto in custodie
very fashion. Faccio finta di fare
qualcosa di importante ma in realtà ascolto la loro conversazione. Sembra che
la discussione del giorno sia se
comprare o meno uova intere o solo l’albume da usare senza il disagio di aver a
che fare con il tuorlo. Quanto vorrei commentare. Non posso. Allontano dalla mente
i commenti che farei.
-Un paio di studenti.
La prima c’era già quando sono arrivata io, seduta davanti la porta che ogni
volta che viene aperta la sventola con 2 gradi di freschezza. A farle compagnia
il suo bel biberone di caffè freddo, finito già alle 9 ma ha di riserva un
enorme termos . Chissà cosa c’è dentro. Il secondo arriva subito dopo di me: entra
tutto trafilato e si lancia sul primo tavolo libero. Non ordina niente, per
l'ameno mezz'ora e nessuno, dico nessuno, gli dice niente. Sfido a fare la stessa cosa
in un bar Italiano.
- La mamma con
bambina. Età della figlia 5-6 anni, la mamma che si muove con fare stanco,
vestita come se si fosse appena alzata. Ma a guardarla bene capisco che è tutto
calcolato perché ha adeguatamente scelto la maglia che dice: “lets get
caffeinated“. Le mamme a tempo pieno non
lasciano niente al caso. Hanno una maglia per ogni occasione ma soprattutto una
per ricordare sempre al mondo intero che loro sono eroine, sono mamme a tempo
pieno.
- Davanti a me un
trio di attempate signorine che ciabattano senza tregua. Ne hanno di cose da
dirsi.
- Sui divani un
paio di anziani signori che leggono il giornale, quello vero, quello di carta
(esiste ancora anche qui).
- Al bancone del
bar lo stalker. Lui ha davvero poco da fare oggi. Signore mezza età, panzuto, computer
con pagina di Facebook aperta. Molto convinto di essere simpatico mentre intrattiene, evidentemente contro la sua volontà,
la povera barista che cerca di fare il suo lavoro. Siccome gli siedo molto
vicina, non posso fare a meno di sentire il suo consiglio da uomo vissuto, uomo
vero che ha passato la vita da Starbucks. A voce alta e con parole ben scandite lancia la
sua perla mattutina: “prima regola di Starbucks: saper stare in fila”. Corro a
segnarmela, casomai la dimenticassi. Forse c’era qualcuno che aveva problemi a
stare in fila o aveva fretta. Più tardi verrà avvicinato da un paio di signori,
si salutano. Mi scappa da ridere perché mi fa pensare al saluto dei signori
pensionati toscani quando si incontrano al bar o meglio al circolo. Si
scambiano due parole e commentano sul fatto che oggi questa caffetteria sia troppo
piena.
Un flash mi ricorda
che questa è la tremenda settimana di vacanza per le scuole, gli insegnanti
hanno una settimana di programmazione durante la quali le famiglie vanno in
tilt perché hanno da gestire i figli. Capita anche da questa parte di mondo che un paio di volte
l’anno i genitori si debbano occupare dei pargoli.
Per ora non mi
sembra di vedere nessun soggetto che si prevede passerà la giornata qui.
A dire il vero ci
sono tre personaggi che appaiono semi impegnati, due uomini e una donna. Non
sono insieme, in tre diverse postazioni ma sembrano lavorare..
Inizio poi lo
screening di chi entra. Arriva la super mamma: due figli parcheggiati in un
passeggino a due piani, una bambinella stipata al piano inferiore, così
pressata che poverina mi manca l’aria per lei. Non identificato il bambinello
al primo piano..
Entra una coppia
di mezza età, lei tipica divisa da “ops, non mi sono truccata stamani ma
l’occhialone tattico mi aiuta e non mi sono nemmeno pettinata ma ho un bel
cappellino firmato, le unghie cementate e super colorate”. Lui normale direi. Si siedono, due litri di caffè e conversano.
Entrano ed escono
molte persone che evidentemente sono clienti affezionati dato che salutano
chiamando per nome i baristi.
Ad un certo punto
inizia un flusso intenso di bambini con mamme atletiche. Qui vicino c’è la sede
di un centro per bambini e famiglie dove al mattino fanno corsi tipo “yoga con mamma e bla bla bla”. Lo
studente che si era lanciato sul primo tavolo libero appare un po' infastidito
dalle adorabili vocine dei settecento saltellanti bambini. Dopo una ventina di
minuti se ne vanno.
Entra poi un
giovane uomo, si siede, apparecchia il tavolino svuotandovi il contento del suo
zaino. Documenti, laptop, estrae il telefono e l’auricolare e inizia a
telefonare. Evidentemente si tratta di una conference call, prende appunti, si
gratta la testa e lancia brutte occhiate a chi a momenti parla a voce troppo
alta. Hey, amico del sole hai scelto il posto sbagliato se cerchi silenzio e
concentrazione.
E poi ci sono io.
Quella che di sicuro ha meno da fare di tutti ed è qui a fare il cappottino a
chi capita!
Seduta da quasi
due ore e i tre personaggi che mi sembrano i più seri e concentrati sono ancora
qui. Nel frattempo accanto allo stalker al bancone si è seduto un giovane. Spio velocemente lo
schermo del suo computer e vedo che scrive codici, un geek. Forse il solo genio
presente.
Era da tanto che
dicevo di farlo, pensavo a quale fosse la migliore postazione, la formula
migliore. Avevo anche pensato di importunare qualcuno avvicinandomi e chiedendo
loro perché. Perché vieni qui, un posto chiassoso per studiare, lavorare,
pensare in mezzo ad estranei, fare poco ....come me d'altronde. Poi invece ho
deciso di fare così, guardare, ciacciare ed indovinare.
Questo posto è
famoso per ospitare gente che ci passa la giornata. D’altronde offrono Wi-Fi
aperto e illimitato, perché no penseranno i più. La musica di sottofondo
disturba assai, fossi uno di questi geni qui, seduti impegnati a salvare il
mondo con le loro ricerche, non riuscirei a concentrarmi.
Così come quando
in estate l’aria condizionata è tenuta al pari delle temperature polari.
Morirei assiderata.
Sembra che la
risposta alle mie domande sia questa: spendere ore ed ore qui piace a molti, probabilmente
trovano un loro spazio, qualcuno adora il menù offerto e l’ambiente finto
accogliente, qualcun altro ancora forse la musica e il Wi-Fi, altri trovano il
modo per passare alcune ore fuori di casa, mentre altra gente, come la mia
vicina di casa scrittrice, trova l’ispirazione per lavorare al suo ultimo
romanzo.
Mi piacerebbe
davvero tanto sapere cosa stiano leggendo o scrivendo tutti questi soggetti, capire quanto inoltre siano attaccati a questa caffetteria.
Torno a casa
pensando ai nostri bar o caffetterie alle quali il creatore di Starbucks si è
ispirato negli anni settanta quando ha creato questa catena. Penso alla vera
pasticceria che offrono, al caffè dal nome semplice così come il cappuccino o
una bella tazza di caffè latte. Qui il loro menù sembra solo un miscuglio di
bei termini che agli americani suonano molto sofisticati e ricercati. E penso
agli italiani che quando vengono qui devono correre da Starbucks e ordinare uno
di questi caffè, fotografarli, condividerli per elemosinare un like.
Ma ora che
abbiamo la certezza che Starbucks aprira' anche a Milano penso soprattutto a quei
finti impegnati, gli eco chic che ci passeranno del tempo, o a quelli che
spenderanno quarti d’ora a cercare l’angolo giusto per lo scatto da postare su Instagram
con #starbucksmilan.
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